Il metaverso come viaggio dentro noi stessi

Dei rischi del metaverso si è discusso in lungo e in largo: ogni innovazione tecnologica, del resto, ha sempre avuto un impatto sull’intero sistema sociale, cambiandone dinamiche e confini. Quello che si prospetta oggi è un viaggio affascinante (ma a tratti anche inquietante), che deve essere affrontato consapevolezza.

Un punto di partenza importante per comprendere il metaverso e la presa che ha sull’immaginario collettivo l’idea di rendere massiva la realtà virtuale è che si tratta della tecnologia in assoluto più simile ai meccanismi della nostra mente.

Per comprenderne le implicazioni psicofische del metaverso dobbiamo però partire dal concetto di percezione.

Tra percezione e presenza

Partiamo dal presupposto che la percezione del nostro corpo nella realtà fisica è già di per sé il risultato di una simulazione: nasce dall’interazione della rappresentazione del nostro corpo e quella di uno spazio peripersonale, intesi nel primo caso come un modello simulato, generato dall’integrazione multisensoriale di segnali corporei e la seconda dalle aspettative rispetto agli oggetti nello spazio.

Il meccanismo delle “simulazioni incarnate”

In particolare, la realtà virtuale condivide con il funzionamento del nostro cervello il meccanismo delle “simulazioni incarnate”; il cervello crea tale simulazione del proprio corpo nel mondo al fine di rappresentare e prevedere azioni, concetti ed emozioni.

Allo stesso modo, l’esperienza nello spazio virtuale cerca di prevedere le conseguenze sensoriali dei movimenti di un soggetto, fornendogli un setting quanto più possibile realistico di ciò che vedrebbe nel mondo reale.[1]

Utilizzando un approccio di azione situata vediamo che uno dei presupposti del concetto di percezione è che pensiero ed azione siano interdipendenti, legati da una relazione di codeterminazione.[2]

Ciò che caratterizza nel dettaglio il mondo virtuale è “l’illusione percettiva di non mediazione”, ovvero la sensazione di essere in un luogo senza percepire la tecnologia che lo ha generato. [3]

La realtà virtuale (VR) cerca di prevedere le conseguenze sensoriali del soggetto mostrandogli le immagini che vedrebbe nella realtà: più il modello della VR e quello del cervello sono simili più è elevato il senso di presenza.

La “presenza”, che può essere intesa come la sensazione di essere nello spazio fisico e digitale in cui riusciamo ad attuare le nostre intenzioni, è un concetto cardine della psicologia dei media digitali e si collega all’importanza cruciale del concetto di situazionalità che incide sul successo di una esperienza mediata tecnologicamente.

Il potere della presenza, quindi, è dato dalla capacità della realtà virtuale di prevedere i meccanismi simulativi della mente umana; così, applicando il concetto di presenza al funzionamento dei neuroni specchio, siamo in grado di distinguere tra noi e l’altro e generare delle interazioni sociali credibili anche all’interno di una social VR. [4]

Trattandosi di ambienti costruiti per l’interazione un ruolo rilevante nella riflessione lo intrattiene la Teoria dinamica delle intenzioni che distingue tra

  • M-intention, intenzione motoria che presume una corrispondenza diretta tra intenzione e azione (compiere il gesto);
  • P-intention, intenzione prossimale che presume un insieme collegato di intenzioni motorie;
  • D- intention e l’intenzione distale, il livello più complesso, che presuppone la previsione di catene di intenzioni motorie e prossimali dirette verso azioni future. Per poter essere efficace la comprensione è necessaria la conoscenza dei significati dell’altro. [5]

Non sono le informazioni esterne a far sì che vi sia reciproca consapevolezza, ma il coordinamento, inteso come la possibilità del sincronizzarsi delle azioni congiunte e la cooperazione, intesa come la simulazione delle azioni altrui in relazione alle proprie intenzioni.

Diviene quindi una questione culturale, giacché presupposto di una corretta interazione sociale nel mondo virtuale, esattamente come accade nella realtà, che i soggetti condividano una reciproca comprensione del mondo, partendo da credenze, aspettative e conoscenze.

Per comprendere l’interazione sia nel reale che nel virtuale, in sostanza, sono fondamentali tre livelli: situazione, azione e percezione.

Situazione, azione e percezione

Il modo in cui ciascuno di noi concepisce la situazione – che dipende interamente dalla costruzione di significati che è legata alla sua storia personale, ovvero dalla narrazione personale – è determinante e riguarda ruoli sociali, valori ed obiettivi e più in generale la rappresentazione mentale che ciascuno ha del mondo, alla propria cultura, ma è la situazione stessa che offre un senso alle singole azioni mettendo in rilievo determinate affordance proposte dall’ambiente.

In questo senso la credibilità di una esperienza virtuale non dipende unicamente dalle potenzialità tecniche dello strumento; quindi, dalla credibilità dell’esperienza attraverso cui riesco ad escludere effettivamente il mondo fisico, ma dalla possibilità di creare continuità tra l’esperienza nel virtuale e ciò che nella mia mente è effettivamente significativo.

Questo rende particolarmente interessante osservare le dinamiche attraverso la chiave interpretativa del coinvolgimento indotto sia dalla persuasione che dal flusso ottimale.

Captologia e cambiamento

Assumendo la prospettiva di BJ Fogg possiamo concepire le tecnologie della persuasione come efficaci manipolatrici del comportamento umano, perché permettono ai soggetti di vivere esperienze trasformative e creare nuove attribuzioni ed euristiche da utilizzare anche nella realtà fisica. La simulazione consente agli utenti di osservare le relazioni immediate e a lungo termine tra causa ed effetto e quindi può potenzialmente facilitare il cambiamento negli atteggiamenti o nei comportamenti di una persona.

Le potenzialità persuasive della VR

Chiaramente le potenzialità persuasive della VR vanno in moltissime direzioni: è stata utilizzata in ambito terapeutico, anche con molto successo in diversi ambiti, come ad esempio la cura per l’aracnofobia o la claustrofobia, oppure per incrementare le performance sportive, ma al contempo è utilizzata anche per indurre gli utenti ad acquisti superflui, a rilasciare dati personali solo per citare alcuni usi disfunzionali.

Inoltre, è possibile associare l’esperienza virtuale con obiettivo trasformativo ad esperienze positive, attraverso la manipolazione del “core affect” (stato affettivo privo di oggetto) oppure attraverso la creazione di esperienze coinvolgenti, attraverso l’attuazione della teoria del flusso ottimale di Csikszentmihaliy.[11]

Nelle situazioni in cui esiste equilibrio tra percezione della capacità personale, della difficoltà e delle sfide, del compito, si può generare uno stato di “flusso” si altera la percezione temporale ed un proporzionale aumento dell’interesse intrinseco nel processo, che induce uno stato di benessere e soddisfazione. [12]

In questa condizione cognizione, motivazione ed emozioni funzionano in maniera integrata.

Alla luce di ciò, non è affatto difficile pensare che utenti sempre più pigri ed abituati ad esperienze personalizzate ed immersive siano motivate all’uso di applicazioni di realtà virtuale per testare i prodotti e anche solo divertirsi e che restino coinvolti esponenzialmente nel flusso flow dell’esperienza virtuale.

Allo stesso modo, non ci sono molti dubbi sul fatto che gli utenti potrebbero essere disposti a pagare per l’interattività potenziata quando diventerà uno strumento di massa ed accessibile, e che si possa creare un nuovo ed esclusivo mercato di esperienze e beni virtuali per molte aziende.

Mentre sappiamo che nel breve periodo la VR può generare fisicamente effetti come la nausea e l’affaticamento degli occhi, che spariscono senza conseguenze, non abbiamo ancora sufficienti dati su quali siano gli effetti collaterali a lungo termine, ma possiamo ipotizzare che questi influenzino in maniera importante il benessere psicosociale della nostra società.

Questioni etiche

Da un punto di vista psicosociale, uno dei problemi dello sviluppo delle tecnologie digitali, è connesso al fatto che si diffondono pratiche d’uso di strumenti che evolvono con una velocità tale da non lasciare il tempo di comprendere gli impatti sociali del loro stesso utilizzo (si pensi ad overload, FOMO, fake news, cyberbulling solo per fare qualche esempio).

Utilizziamo device ed applicazioni perché ci risolvono problemi, ma non abbiamo il pieno controllo degli stessi perché manca del tutto una educazione al corretto utilizzo ed alla gestione delle implicazioni complesse che generano.

Con il profilarsi della diffusione delle tecnologie di realtà virtuale non possiamo permetterci l’errore di sottovalutare gli effetti connessi ad una adozione massiva di queste tecnologie.

Tra i molteplici aspetti su cui è giusto riflettere, le più rilevanti sono il “doppio uso” e la protezione dei dati.

Nel primo caso ci riferiamo al fatto che – come ogni altro artefatto – la tecnologia virtuale può essere progettata e sviluppata per un uso differente da quello per cui viene successivamente destinata. La forte potenzialità trasformativa di queste tecnologie le rende particolarmente declinabili ad impieghi strumentali, per cui diviene necessario operare un lavoro preventivo per arginare utilizzi non etici della stessa.[14] Questo è particolarmente urgente, dal momento in cui l’annuncio della social VR presume una applicazione di massa di questi luoghi di condivisione, sarà quindi necessario il tracciamento di tutta una serie di dati personali, anche fisici, che potrebbero essere utilizzati per manipolare le identità digitali degli utenti. 

Conclusioni

Vanno pertanto sensibilizzati i progettisti rispetto alla necessità di utilizzare la massima trasparenza e la massima accuratezza rispetto alla sicurezza ed alla privacy nonché ad una più generale protezione etica delle applicazioni. Allo stesso tempo è necessario investire in una chiara regolamentazione per il loro utilizzo e commercializzazione e prevedere percorsi specifici di formazione e strumenti di alert che monitorino azioni poco chiare o poco salutari.

Di fatto ogni innovazione tecnologica ha sempre avuto, nel lungo o breve periodo, un impatto sull’intero sistema sociale, cambiandone dinamiche e confini e quello che si prospetta oggi è un viaggio affascinante (ma a tratti anche inquietante), che può e deve essere affrontato con estrema consapevolezza dagli attori coinvolti.

Bibliografia

  1. Riva, G., Wiederhold, B. K., & Mantovani, F. (2019). Neuroscience of virtual reality: From virtual exposure to embodied: https://doi.org/10.1089/cyber.2017.29099.gri 
  2. Morganti, Riva G. ( 2005) Conoscenza, comunicazione e tecnologia. Aspetti cognitivi della realtà virtuale. LED online 
  3. Lombard, M. and Ditton, T. (1997) At the Heart of It All: The Concept of Presence. Journal of Computer-Mediated Communication, 3, 0-0. http://dx.doi.org/10.1111/j.1083-6101.1997.tb00072.x 
  4. Riva, G., Wiederhold, B. K., & Mantovani, F. (2019). Neuroscience of virtual reality: From virtual exposure to embodied medicine. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 22(1), 82–96. https://doi.org/10.1089/cyber.2017.29099.gri 
  5. Pacherie, E. (2006). Toward a Dynamic Theory of Intentions. In S. Pockett, W. P. Banks, & S. Gallagher (Eds.), Does consciousness cause behavior? (pp. 145–167). MIT Press. https://doi.org/10.7551/mitpress/9780262162371.003.0009 
  6. Floridi, 2014. The Onlife Manifesto: Being Human in a Hyperconnected Era, Springer 
  7. Ikea Place. https://www.ikea.com/ch/it/customer-service/mobile-apps/#2dcc0070-8672-11eb-b7a4-09d5572c15e8Amazon Go. https://www.aboutamazon.it/innovazioni/amazon-go 
  8. Si intende con metaverso l’evoluzione di internet, il luogo dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. 
  9. https://www.theverge.com/2021/10/19/22735612/facebook-change-company-name-metaverse 
  10. Chow, Yang-Wai & Susilo, Willy & Phillips, J.G. & Baek, J. & Vlahu-Gjorgievska, Elena. (2017). Video games and virtual reality as persuasive technologies for health care: An overview. Journal of Wireless Mobile Networks, Ubiquitous Computing, and Dependable Applications. 8. 18-35. 10.22667/JOWUA.2017.09.30.018. 
  11. Riva G., Gaggioli A., (2019) Realtà virtuali: Gli aspetti delle tecnologie simulative e il loro impatto sull’esperienza umana (Saggi Giunti New Media) 
  12. Csikszentmihaliy M., ​​1990 Flow. Psicologia dell’esperienza ottimale ( Roi edizioni 2021) 
  13. Dal pericolo di processi di dissociazione o la “Post VR sadnass” Aardema F, O’Connor K, Côté S, Taillon A. Virtual reality induces dissociation and lowers sense of presence in objective reality. Cyberpsychol Behav Soc Netw. 2010 Aug;13(4):429-35. doi: 10.1089/cyber.2009.0164. PMID: 20712501; https://www.theatlantic.com/technology/archive/2016/12/post-vr-sadness/511232 ;https://www.theguardian.com/technology/2016/mar/19/long-term-effects-of-virtual-reality-use-need-more-research-say-scientists ultima consultazione 5/12/2021 
  14. Madary M, Metzinger T, Real Virtuality: A Code of Ethical Conduct. Recommendations for Good Scientific Practice and the Consumers of VR-Technology Front. Robot. AI, 19 February 2016 | https://doi.org/10.3389/frobt.2016.00003 
  15. Parsons T. 2019 Ethical Challenges in Digital Psychology and CyberpsychologyCambridge University Press

Daria Grimaldi

Partner e Project manger & digital strategist dello studio Blendlab Comunicazione

Docente esterno di psicologia dei gruppi presso Università Suor Orsola Benincasa

Consulente e formatrice in psicologia sociale della comunicazione

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